Il nostro evento

Zerocalcare al Wired Next Fest 2024 di Milano: “I fumetti non vengono mai presi sul serio

Quando muori resta a me è il nuovo libro dell'autore, che al nostro evento ha parlato del suo rapporto con il padre al centro dell'opera, ma anche di percezione delle vittime e carcere

Fumettista di fama internazionale e autore di due serie animate, Zerocalcare è in libreria dal 7 maggio con il suo ultimo libro: Quando muori resta a me. L'idea di questa nuova opera è venuta all'autore dopo la visione del film Aftersun: “E' la storia dell'ultima estate di una ragazzina con suo padre. Mi ha smosso dentro delle cose molte forti che riguardavano il mio rapporto con mio padre. Mi sono accorto di non aver mai esplorato quell'aspetto. Mi ha smosso delle corde che non pensavo esistessero”, ha spiegato sul palco del Wired Next Fest 2024 Milano, aggiungendo: “C'è della roba che riguarda anche la crisi di mezza età, l'ansia, il tempo che scorre, come mi pongo io in mezzo a questo tempo qua”.

Sono due i filoni a tema politico che si trovano all'interno del nuovo libro: “Da una parte c'è il fatto che comunque negli ultimi anni le questioni di genere hanno fatto irruzione nel discorso pubblico per le donne che in qualche modo hanno preso parola e hanno scardinato una serie di convinzioni e di stereotipi- ha continuato l'autore -. L'angolazione da cui poteva avere senso che io parlassi di questa cosa è quello invece dei rapporti tra maschi. Le difficoltà di verbalizzare le proprie emozioni sono quelle che poi determinano il nostro rapporto con gli altri”, ha continuato.

C'è un'altra parte di cui nessuno ha rilevato il tema perché i fumetti non vengono mai presi sul serio. Come Kobane Calling, che alla fine parlava di gruppi armati che alla fine stanno sulle liste del terrorismo di mezzo mondo. L'editoriale di un giornale avrebbe creato più di un problema. A fumetti tutto passa. Qua c'è un pezzetto degli anni Settanta. E anche in tempi recenti abbiamo visto come la memoria di quegli anni è ancora un tabù, un nervo scoperto, intoccabile. Il racconto che diverge tanto dal punto di vista anche del ricordo umano da narrazione ancora rigida e molto vendicativa genera comunque tantissime polemiche. C'è un racconto affidato a una persona protagonista di quegli anni. C'è anche il racconto di miti, che non diresti mai che hanno avuto quel tipo di esperienza politica e invece negli anni Settanta era un fenomeno così grande che ha investito tutta la società e anche quelle persone ne hanno fatto parte. Questo secondo me ha a che fare con la storia politica del nostro paese, ma anche lì, è un fumetto, nessuno mi prende sul serio, nessuno mi rompe il ca**o”.

Nonostante il grande successo che i suoi lavori, tra cui La profezia dell’armadillo, Un polpo alla gola, Ogni maledetto lunedì (su due) e Dodici, hanno riscosso tra il pubblico di tutte le età, Zerocalcare non era sicuro di come questa nuova uscita sarebbe stata accolta dal pubblico: “Io ero convinto che questo libro sarebbe andato una mer*a - ha spiegato -. Nel senso che ero convinto che fosse tutto finito. C'erano degli elementi che me lo facevano capire. Io non capisco i pischelli, sono anagraficamente distante dai ragazzini che comprano i fumetti. Ero convinto che questo scollamento avrebbe determinato una distanza dal pubblico".

Ma a determinare una distanza ai lettori secondo l'autore c'era anche “una serie di prese di posizione molto divisive, come la scelta di non andare al Lucca Comics per il patrocinio dell'ambasciata israeliana e la questione della liberazione di Ilaria Salis. Però invece è andato molto bene”.

Due sono i temi all'interno della vicenda dell'attivista appena liberata che hanno fatto sì che Zerocalcare si avvicinasse al caso: “Il carcere e le vittime. Tutta l'idea del superamento di un'istituzione che peggiora le persone, criminogena, in cui entrano le persone che non hanno i mezzi per arrivare a pene alternative, è qualcosa che è stato rimosso ma secondo me è molto importante parlarne. Poi c'è la questione della vittima: io ho l'impressione che riusciamo solamente a empatizzare solo con chi è oggettivamente una vittima. E questa cosa qui si è vista durante il G8 di Genova, quando tutti empatizzano con quelli gonfiati di botte all'interno dei sacchi a pelo nella Diaz, però quando si parla di Carlo Giuliani che è morto, ma siccome non è morto nella postura della vittima ma mentre raccoglieva un estintore, tutti dicono ‘Mah, la Diaz sì, Carlo Giuliani insomma’. E secondo me Ilaria Salis vive un po' dello stesso tipo di percezione".